Il lecchese Abderrahim Moutaharrik (il “pugile dell’Isis”) e Abderrahmane Khachia, residente nel varesotto, erano “fortemente determinati a porre in essere atti terroristici, uccidendo gli occidentali”. E’ questo ciò che si legge nelle motivazioni della sentenza pronunciata il mese scorso dal gup di Milano Alessandra Simion.
I due marocchini, condannati a sei anni di carcere l’uno, “avevano maturato un’intima e completa condivisione dei dettami jihadisti dello Stato islamico” e “hanno sempre fatto espresso riferimento alla volontà di commettere attentati, valutando anche dei possibili obiettivi, intenzione pienamente condivisa dalle due donne”. Le due donne in questione sono Salma Bencharki, moglie di Moutaharrik (condannata a 5 anni) e Wafa Koraichi (condannata a 3 anni 4 mesi), sorella di Mohamed Koraichi, rifugiatosi in Siria con moglie e figli.
Moutaharrik e Khachia erano “seriamente intenzionati a raggiungere la Siria e chiara era la loro volontà di raggiungere il territorio dell’Isis, organizzazione terroristica di cui si sentivano di fare parte, per partecipare alla jihad in quella terra. In ogni caso il loro agire, anche estemporaneo e isolato in Europa, sarebbe stato ricondotto allo Stato Islamico e da esso certamente rivendicato”.