Genghis’s Panda…un saluto dalla Georgia.Fra aneddoti e qualche inconveniente.

Prosegue il viaggio del team lecchese in sella ad una Panda e, nonostante difficoltà di connessione e qualche inciampo meccanico…..sono arrivati a Gori, città natale di Stalin

30 Luglio 2016
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georgia genghi's panda

Prosegue il viaggio del team lecchese in sella ad una Panda e, nonostante la difficoltà di connessione qualche inciampo meccanico,la Panda è giunta nella città natale di Stalin.Ecco il racconto dalla viva voce dei protagonisti tra fari da aggiustare, capre all’ autolavaggio, ristoranti con proprietari innamorati dell’ italia, pernottamenti arranggiati,docce fredde, lunghe code alla frontiera e…..

“dopo aver programmato  una mattinata per aggiustamenti auto andando in un quartierino pieno di meccanici e similaria per farci sistemare i fari da un elettrauto che in 20 minuti cavallotta qualcosa nella scatola fusibili e le luci vanno. Accettiamo di buon grado l’onnipresente te offerto e raggiungiamo il team ” Slow Ride To Mongolia”, che è andato a farsi cambiare le molle posteriori perché erano ormai a un livello da terra da Formula 1. Dopo un pranzetto puntiamo per Trebisonda. La strada non è breve, anzi. Facciamo anche in tempo a vedere una scena molto local da un benzinaio: un tizio porta una capra all’autolavaggio, la lava, e poi belbello la scanna li dietro il camion. Decidiamo di superare Trebisonda e fermarci poco dopo, ma peregriniamo per 2 ore in cerca di un posto per la notte. Tutto pieno o chiuso. Alla fine, attanagliati dai morsi della fame, ci spariamo in un ristorantino sulla spiaggia in mezzo al nulla. Il padrone è tutto gasato perché è stato in Italia e, dopo averci presentato tutto il locale e qualche insistenza, ci permette di piantare la tenda nella spiaggia antistante. Finalmente, all’alba delle 23, abbiamo un posto per la nanna.

La mattina successiva ennesima sveglia presto con direzione frontiera : sappiamo già che l’attesa sarà campale. Alcuni hanno parlato di 6 ore.. Arriviamo alle 12 in questa strana frontiera sul mare, ci fanno fare un girotondo e ci accodiamo. Già a vederla così non promette bene, soprattutto col sole che picchia di bestia: in stile comitiva “Calabria al mare”, montiamo un telo coprisole tra la nostra Panda e la Kadett dei Mongolian Cousins, e ci mettiamo a fare u caffè con la moka.

La coda si muove superlentamente, anche per colpa della “mafietta” che gestisce gli inserimenti abusivi nella coda; stiamo per incazzarci ma poi vediamo le facce che manco in Medievil e facciamo finta di nulla. Il tempo non passa mai, e visto il caldo ci spariamo un bagnetto : piccolo problema che appena in acqua ci accorgiamo che è piena di medusette. Teliamo al volo ma scopriamo solo poi che sono innocue. All’alba delle 7 arriviamo all’ingresso per le auto, ma ci dicono che solo i guidatori possono passare a bordo. Agli altri tocca l’ingresso pedonale, che è una sorta di carnaio in fermentazione. Merda. Marzio, preso dalla fretta scende solo col passaporto e ancora in costume : senza un soldo, senza telefono e probabilmente anche senza dignità. Meno male che Leo è previdente. In pratica per non farci mancare niente viviamo un’oretta da profughi in mezzo a centinaia di persone tutte schiacciate, piene di borse, pacchetti e pacchettini, che urlano, sudano e spingono. Sembrava di essere nel film “Lamerica”. Taac. Appena usciti non siamo mai stati così contenti di vedere una chiesa e un crocifisso e ci lasciamo andare a sfoghi contro turchi, sbirri, Erdogan e muezzin. 8 ore per passare un pezzo di terra di 200m. Noi viziati di Shenghen non siamo più abituati. Intanto gli altri hanno conosciuto due francesi che sono lì in autostop, allora il team dei Cousins le carica e andiamo tutti a fare campeggio in spiaggia. Per vie traverse riusciamo anche a strappare una doccia. Mamma mia quanto ci voleva!

Stamattina però niente sveglia, ma a una certa si sentono il team dei Cugini che inveiscono: avevano perso le chiavi della Kadett. Che spasso/disastro questi ragazzi! Alla fine trovano quella di accensione ma non quella del baule, ma il buon Paolo gli scassina la serratura e problema risolto. Finalmente alle 13 siamo in marcia. Destinazione Kathsi Column, uno sperone di roccia su cui hanno costruito una chiesa, disperso in mezzo a una zona collinare. Iniziamo quindi a vedere la Georgia: mamma mia che posto! Si alternano paesaggi di ogni tipo, dal classico paesino di contadini e pastori con vacche ovunque in strada, a viste in stile Chianti o Irlanda. Nel frattempo prendiamo la prima acqua del viaggio: un mega nubifragio si abbatte su di noi in “autostrada”. Arrivati alla Column chiaramente piove e la strada pedonale non attira. Cogliamo l’occasione per fare una prova offroad piuttosto spinta, che la Panda supera a pieni voti. Proseguendo finiamo in una valle mega soviet: casermoni, fabbriche, miniere tutto grigissimo e mezzo diroccato, tranne le case, che sono tutte abitate. Tra il paesaggio e l’alfabeto georgiano che sembra alieno ci si sentiva davvero in un film! In serata siamo arrivati a Gori, città natale di Stalin. Dopo esserci addentrati in una zona che sembrava non proprio raccomandabile per pochi spicci dormiamo a casa di una tizia e suo figlio. La signora molto gentile ci ha cucinato una cena molto local, con i classici piatti georgiani, di cui però non ricordo il nome. Interessante lo spezzatino con le prugne e esperienza mistica il vino arancione tenuto nel bidone da 10 l. Unico neo è che abbiamo scoperto come accendere l’acqua calda solo dopo aver fatto la doccia.

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