Da Lecco al Donbass, sede delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, al confine tra Ucraina e Russia la strada è lunga: questo il percorso che ha portato due giovani lecchesi Marcello Berera e Alberto Andreotti, rispettivamente 23 e 26 anni, insieme ad altri sei connazionali a visitare il fronte di una guerra che si protrae da due anni nel silenzio dei media e nell’aperta violazione degli Accordi di Minsk che avrebbero dovuto sancire il “cessate il fuoco”.
Otto giorni attraverso l’esperienza della guerra e del difficile tentativo di vivere una vita normale da parte dei civili, che ogni giorno si adoperano nella ricostruzione di ciò che il conflitto sta cercando di abbattere.
A raccontare direttamente dal Donbass la situazione di scontro tra le fazioni filo-americane e filo-russe c’è Vittorio Rangeloni, barziese corrispondente di guerra ormai stabilmente nel nordest di quella che fu Ucraina, che ha guidato il gruppo italiano a scoprire la realtà di una guerra di trincea, ma anche di una popolazione civile che non chiede altro che vivere libera e in pace.
Una settimana, dall’8 al 16 ottobre, accanto a un popolo che la stampa internazionale definisce di terroristi o addirittura sotto l’occupazione dell’esercito russo, quando invece “abbiamo incontrato lavoratori e studenti che si sono trovati costretti a imbracciare i fucili per difendere le loro case dall’usurpazione del governo centrale, – raccontano i due – e un popolo fieramente libero che cerca di ottenere la pace, di certo non l’occupazione russa che ci viene propinata dai giornali: abbiamo potuto girare liberamente in città e parlare con le persone e i soldati”.
Tra le esperienze più forti è stato l’incontro con Arsen Pavlov, per tutti il Colonnello “Motorola”, che li ha accompagnati per un giorno nel quartier generale del Battaglione Sparta: “Ci ha spiegato perchè la gente è costretta a combattere e di come l’università, per fare un esempio, è stata convertita in una caserma pro tempore assicurandoci che, finito il conflitto, sui banchi, rimasti al loro posto, si tornerà a studiare. In una mattina ci ha dimostrato come si possa combattere per un fine più alto di se stessi, ma che deve sempre essere volto ad ottenere la pace; la sua conoscenza ha assunto un valore ancora più alto dopo la notizia della sua morte” avvenuta durante un attentato nell’ascensore di casa proprio nel giorno del rientro di Alberto e Marcello.
“Quel che ci portiamo a casa è un duro insegnamento su cosa può fare la guerra, e non solo quella che si combatte con le armi ma anche quella che si combatte con la carta stampata; è stato incredibilmente importante incontrare gli sguardi delle persone che, nonostante si sentano abbandonate dalla comunità internazionale, si impegnano tutti i giorni nella ricostruzione delle loro case, delle loro chiese e della loro vita. Fa male vedere questa sofferenza ma è davvero d’esempio comprendere la forza d’animo che è in grado di unire e fortificare un popolo.”
In primavera l’Agenzia Stampa internazionale Doni Press organizzerà un nuovo viaggio al quale Alberto e Marcello assicurano che parteciperanno, coinvolgendo magari qualche altro lecchese nella scoperta della “Guerra dimenticata”.