Due insegnanti d’eccezione per gli alunni delle terze medie di Carenno e Torre de’ Busi che ieri, al cineteatro San Pio X, hanno incontrato il Sovraintendente Pietro Aiello e l’Assistente Capo Sara Capuccini della Questura di Lecco per discutere di come muoversi sulla rete e di come comportarsi di fronte a episodi di bullismo.
Due argomenti tanto importanti quanti delicati, che hanno catturato l’attenzione dei ragazzi che hanno voluto confrontarsi con i due agenti, raccontando esperienze, confidando difficoltà e timori, apprendendo le strade da percorrere per risolvere nel migliore dei modi situazioni che altrimenti potrebbe complicarsi non poco.
Perché a volte, ha spiegato Aiello, usando internet e le nuove tecnologie i giovani perdono il contatto con la realtà, commettendo la leggerezza di pensare che quello virtuale sia un modo a parte, separato dalla vita di tutti i giorni.
Ma così non è.
“Quanti di voi avrebbero il coraggio di arrivare in classe e mettersi in costume di fronte a compagni e professori? Nessuno. Eppure condividiamo le nostre foto in vacanza al mare, e mettiamo la nostra privacy e la nostra intimità davanti a milioni di persone” è stata la provocazione del sovrintendente. Un linguaggio diretto e semplice per rompere quel muro dietro al quale spesso i giovani si isolano.
“Perché oggi i ragazzini sono velocissimi ad usare tutte le potenzialità delle nuove tecnologie. Ma notiamo che purtroppo lo fanno con estrema superficialità”. E i rischi in cui si può incappare sono tanti: “Vogliamo insegnare loro che ogni volta che usano la rete dobbiamo riflettere. E’ facilissimo per i giovani poter parlare con sconosciuti: su Facebook ovviamente, ma anche quando giocano sul web e possono iniziare discussioni in chat con altri giocatori, che non si sa chi possono essere”.
Quello virtuale è un modo che spesso i “grandi” ignorano, tra Tinder, Clash, Snapchat, Instagram e così via. Ma nel quale gli adolescenti si muovono con estrema disinvoltura.
Rendendosi a volte anche colpevoli di violenze – psicologiche ma non solo – verso i coetanei: è il cosiddetto cyber-bullismo. Chat, email e social possono diventare strumenti per insultare e emarginare.
“Si può arrivare anche a casi di reato. Fingersi un’altra persona, ad esempio, rubando dati sensibili e immagini è un reato, di cui a farne le spese potrebbero essere i genitori” ha spiegato ancora Aiello. Il bullismo però non corre solo in rete. Troppo spesso a scuola, in oratorio o al campo sportivo si verificano episodi spiacevoli ai danni dei ragazzini più deboli.
“Si parla in particolare di bullismo quando questi episodi di offese, minacce e oppressione sono reiterati nel tempo. Un fenomeno che vede protagonisti sia maschi che femmine” ha illustrato Sara Capuccini.
“Il bullismo riguarda il bullo e la vittima, ma anche un pubblico di spettatori che magari ridono o fanno comunque finta di niente. Noi diciamo sempre ai ragazzi di mettersi dalla parte di chi subisce, cercando di capire quanto possa soffrire”.
Incoraggiati dai due poliziotti, anche gli studenti di Carenno e Torre de’ Busi hanno voluto confessare violenze subite o di cui sono stati testimoni, chiedendo agli agenti il modo migliore per comportarsi. “Abbiamo provato a far capire a quella persona che stava sbagliando… ma non c’è stato nulla da fare… e se lo diciamo ai genitori o ai professori abbiamo paura che possa essere peggio…” hanno confidato.
Non sempre gli adolescenti trovano il coraggio di reagire, di denunciare gli abusi, di parlare con i “grandi”. Ma è proprio per questo che i poliziotti hanno voluto fare sentire la loro vicinanza e la loro comprensione, per trovare insieme una soluzione.
“Anzitutto bisogna capire che il bullo è in cerca di attenzioni: si crede forte ma è un buono a nulla! E per farlo smettere bisogna evitare di ridere alle sue prepotenze, di farlo sentire importante. Dovete fare gruppo per isolarlo, emarginarlo, così che decida di smetterla. Perché in fondo anche il bullo, come le sue vittime, è un ragazzo che ha bisogno di aiuto” il consiglio dato agli alunni. “La strada migliore da seguire – hanno continuato Pietro Aiello e Sara Capuccini – è sempre quella di parlare: sia con gli amici, sia con i genitori, i professori, gli allenatori e in generale gli adulti per trovare una soluzione al più presto. Non è mai troppo tardi per parlare con qualcuno: a chiedere un aiuto non si sbaglia mai. Non abbiate paura: la mamma e il papà saranno sempre pronti ad ascoltarvi e a cercare di capire quello che sta succedendo. E se è il caso si può procedere anche con una denuncia”. Una lezione durata un paio d’ore che ha davvero toccato nel profondo i più giovani, che hanno potuto toccare con mano la disponibilità degli adulti per aiutarli in tutte le difficoltà che possono incontrare nel loro percorso di crescita.
“In tutti i questi incontri riscontriamo la voglia dei ragazzi di parlare di questi temi, di confidarsi, di raccontare le loro esperienze. E non è raro che arrivino persino a piangere: tanto è il bisogno di trovare un aiuto”.