Anche una delegazione del Consiglio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Lecco ha partecipato ieri all’assemblea nazionale che si è svolta a Roma.
Dalle assise romane è emerso come “il 70% dei guadagni degli studi dei commercialisti italiani va in fumo per i costi legati alla gestione degli adempimenti fiscali. È il dato che emerge da un sondaggio realizzato dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti al quale ha risposto un campione di oltre 3.500 iscritti all’Albo”, spiega il presidente lecchese Antonio Rocca, presente nella capitale con il segretario Stefano Spreafico, il tesoriere Francesco Galli e i consiglieri Luca Bertarini, Marco Barassi, Emma Fumagalli e Sara Pelucchi; con loro anche Elena Vaccheri presidente di Aidc (Associazione Italiana Dottori Commercialisti) e Irma Vinchesi presidente Cpo (Comitato Pari Opportunità) dell’Ordine di Lecco.
I dati si riferiscono alla tipologia di studio che svolge prevalentemente adempimenti fiscali (tenuta della contabilità, dichiarazione dei redditi, spesometro, liquidazioni periodiche Iva, modelli Intrastat, comunicazioni dei dati per il 730, certificazioni uniche, fiscalità locale, lettere per la compliance e avvisi bonari) e che è composta da un titolare e due addetti (dipendenti e/o collaboratori).
“I dati di questo sondaggio sono la dimostrazione tangibile delle difficoltà che vivono i nostri studi, specie quelli, ancora maggioritari, che si occupano prevalentemente di contabilità e assistenza fiscale. Dati ai quali si somma il disagio per la quantità degli adempimenti che ricadono sulla nostra attività in maniera troppo gravosa e spesso anche inutile. Una situazione che richiede un deciso cambio di marcia nei rapporti dei commercialisti con l’amministrazione finanziaria, da costruire d’ora in avanti su principi di reciproco e reale rispetto”, precisa Rocca.
I commercialisti intervistati mettono in cima ai loro desiderata proprio l’alleggerimento dal carico degli adempimenti fiscali. Alla domanda “su quali pilastri dovrebbe fondarsi una eventuale riforma del sistema fiscale italiano”, ben l’88,1% del campione chiede una loro riduzione. Per il 55,1% si dovrebbe puntare sulla riduzione delle aliquote Irpef, per il 48,7% sulla rimodulazione del calendario fiscale, per il 46,5 sulla riduzione del cuneo fiscale. Il 23,7% punterebbe sul riequilibrio della tassazione dei redditi da lavoro rispetto a quella sui redditi da capitale, mentre per il 17,7% andrebbe ridotta la tassazione sui redditi e aumentata quella sui consumi e sui trasferimenti di ricchezza. Il 17,5% del campione sarebbe infine favorevole all’introduzione di un’imposta patrimoniale limitata a patrimoni superiori a una certa soglia.
Le statistiche reddituali elaborate sulla base dei dati delle casse di previdenza dei dottori e dei ragionieri e relative ai redditi 2015 (dichiarazioni 2016) presentano un’elevata variabilità territoriale. Il dato medio nazionale è stato calcolato in 58.602 euro – era stato di 57.340 euro nel 2014 (+2,2%) – con un reddito medio pari a 33.206.
“Il calo del reddito medio in termini reali del 13,9% rispetto al 2007, anno pre-crisi, è la dimostrazione tangibile di come la crisi che ha colpito le libere professioni italiane non ha risparmiato i Commercialisti, colpiti anche dalle conseguenze in termini di maggiori costi operativi derivanti dalle numerose novità introdotte nel campo degli adempimenti fiscali”, conclude Rocca.