6 nuovi ingressi lavorativi con il progetto “EnnEnnE” di CESEA

Il progetto durerà 6 mesi – rinnovabili – e propone un servizio di mantenimento delle autonomie a carattere socio-occupazionale per adulti in condizioni di rischio medio – alto di marginalità e disagio sociale

24 Marzo 2017
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Altri sei uomini che non hanno più un lavoro saranno “accolti” a partire da aprile nel progetto “EnnEnnE” promosso da CESEA, che dal suo avvio nel novembre 2016 ha garantito un inserimento lavorativo a sei persone. Il progetto durerà 6 mesi – rinnovabili – e propone un servizio di mantenimento delle autonomie a carattere socio-occupazionale per adulti in condizioni di rischio medio – alto di marginalità e disagio sociale.

“I cinquanta-sessantenni di oggi portano con sé una visione culturale specifica, sono i figli dello sviluppo economico, dell’inarrestabile crescita industriale. Il lavoro è elemento costitutivo della loro identità, colonna vertebrale, in particolare per gli uomini, dell’immagine di sé. Il lavoro è elemento di riconoscimento, di inserimento sociale e di appartenenza alla società” si legge nella relazione a cura dei promotori della progettualità. “E’ in questa età che l’uomo, soprattutto l’uomo, comincia a tirare un bilancio della propria vita, pur avvertendo ancora la possibilità di poter cambiare, forse per l’ultima volta. Non c’è più tempo da sprecare, la carriera professionale, nel bene o nel male, è decisa, non ci saranno più grandi progressioni. L’uomo non si pone più nell’ottica di innovare, ma crede che l’esperienza e la sua competenza possano essere utili. Il suo sapere non è informatico, anzi qui mostra qualche difficoltà, ma è sapere legato ai valori del lavoro, il senso del dovere, della serietà, dell’esperienza e della competenza. E’ su questo panorama che scende con durezza la mannaia della disoccupazione e dell’inattività. Il vissuto dell’over 50/60 improvvisamente disoccupato? Oltre al contraccolpo economico, particolarmente incidente per lavoratori di livello modesto, sono le sofferenze psicologiche che segnano maggiormente l’individuo.
Nel primo periodo di disoccupazione, quando la necessità economica non è ancora prioritaria, il vissuto positivo può portare a considerare come una opportunità l’interruzione forzata del lavoro. Finalmente c’è tempo e energia da dedicare alla famiglia e agli interessi che appassionano.
A questa fase iniziale ne succede un’altra, variabile per intensità secondo la singolarità della situazione e del soggetto, la fase depressiva, quasi sempre delimitata nel tempo, seppur osservata nella stragrande maggioranza dei casi.
Normalmente si tratta di una depressione situazionale, legata a una causa oggettiva, che tende a rientrare quando il soggetto ne elabora il senso. Tuttavia, se ciò non avviene, a causa anche di altre fragilità preesistenti o concomitanti, può trasformarsi in una depressione endogena, che si protrae nel tempo e che ha effetti di grande sofferenza.
Se la depressione situazionale non trova forme di soluzioni positive, si consolida in una depressione tout-court e il soggetto riconsidera se stesso e la sua storia umana e professionale. Il risultato della elaborazione è quindi di severa e dura autocritica, fino alla negazione e all’annullamento di sé.
La stato di disoccupato incide negativamente sulla vita del nucleo famigliare, che diventa il luogo di circolazione di espliciti e più sovente muti rimproveri, sino a gravare, soprattutto il soggetto maschile, di un fardello pesante carico di sentimenti di colpa e di inettitudine.
A ciò contribuisce certamente il condizionamento culturale che attribuisce all’uomo il ruolo di colui che sostiene e garantisce il riconoscimento sociale del nucleo famigliare. La famiglia, da rifugio sicuro, diviene luogo dove il sentimento di incapacità e di inutilità trova la scena privilegiata di rappresentazione”.

Il Progetto:
Il Progetto propone un Servizio di mantenimento delle autonomie, a carattere socio-occupazionale per adulti in condizioni di rischio medio – alto di marginalità e disagio sociale.
La crisi e le difficoltà che stiamo attraversando, per alcune persone, possono costituire un innesco di uscita dal tunnel, ma il più delle volte serve qualcosa di più, qualcosa che è ancora prima del percorso di accompagnamento educativo, qualcosa che riesca ad appiccare la miccia, che ci orienti su una strada nuova e in un modo nuovo.
CESEA, nato come ambito di attenzione e di sostegno socio-occupazionale al bisogno di persone adulte in situazioni di fragilità e disagio sociale considera l’attività occupazionale motore di crescita e di benessere, veicolo della partecipazione alla vita comune e della realizzazione del progetto personale, mezzo per l’uscita dalla condizione di invisibilità e spesso dalla solitudine. CESEA pone la centralità sul progetto individuale degli utenti e si caratterizza come risorsa ad integrazione e risignificazione degli interventi dei Servizi Sociali di riferimento nell’accompagnare le persone nelle diverse sfide della vita, con uno sguardo a percorsi di presa in carico ed orientamento ad altri servizi e opportunità per garantire adeguati standard di tutela nelle diverse fasi di vita. Attualmente il Servizio CESEA ospita circa 50 adulti, donne e uomini, in condizioni di grave o gravissima fragilità, in prevalenza di nazionalità italiana.
Il Progetto EnnEnne, che di CESEA utilizza parte delle risorse organizzative, l’esperienza maturata negli anni, le buone pratiche di accompagnamento educativo nonché quota parte delle risorse umane, ha durata biennale e si rivolge a 24 uomini e prevede l’assunzione di un operatore tecnico a 30 ore settimanali, a sua volta proveniente da situazioni di criticità e che ha compiuto un percorso evolutivo con esiti molto positivi all’interno del Servizio.
Il Progetto vede la titolarità del Comune di Lecco, che si avvale per il suo coordinamento e la sua gestione del Consorzio Consolida Società Cooperativa Sociale e della Cooperativa Sociale L’Arcobaleno di Lecco.

Target di utenza:
Il Progetto si rivolge a persone adulte che, a seguito di perdita del lavoro, cessazione del periodo di godimento degli ammortizzatori sociali, mancanza di reddito da lavoro, di eventi o situazioni di difficoltà, sono entrate, o stanno per entrare, nel circuito dei servizi assistenziali. Molto spesso, per far fronte ai bisogni primari di queste persone l’Ente Pubblico, ma a volte anche il volontariato, interviene con contributi economici continuativi “senza ritorno”, che però non sono sufficienti a garantire un’evoluzione della situazione e che di fatto rischiano di perpetuare un modello assistenzialista non liberante.
Nell’ambito del presente Progetto le operatività intendono rivolgersi in particolare a persone colpite dalla crisi occupazionale che non percepiscono alcun reddito da prestazione lavorativa e che ancora non godono di reddito da prestazione pensionistica. L’ottica è quella di un welfare generativo, con un ritorno sociale in termini di benessere per sé e per la sfera relazionale e affettiva, ma anche in termini di ritorno alla collettività attraverso lo svolgimento di attività di utilità sociale. Un particolare sguardo a chi ha perso il lavoro, ma anche a chi lo sta perdendo ed è entrato nel circuito degli ammortizzatori sociali e da questo ne uscirà a breve e a chi ne è uscito e non si intravvede un suo rientro nel mondo del lavoro.
Il nostro territorio, contraddistinto per molti anni da tassi di disoccupazione minimi, ha subìto la crisi economica in maniera pesante e operatori sociali e reti del terzo settore sono sempre più interessati da una crescente richiesta di aiuto da parte di persone con scarse risorse materiali a causa di redditi insufficienti e che entrano ed escono da situazioni di difficoltà, con compresenza di diverse problematiche, affettive e relazionali, difficoltà a chiedere aiuto perché impreparati a situazioni di precarietà mai sperimentate.
La perdita di posti di lavoro in grandi aziende, sommata a quella dovuta alla chiusura della miriade di piccole e micro imprese che hanno cessato la propria attività nel corso degli ultimi cinque anni, sta determinando danni incalcolabili. Danni che si misurano non solo in termini di un’immediata riduzione di reddito, ma anche di cedimento di valori: della stima di sé, dell’intraprendenza, dell’autonomia.
Non è infrequente osservare che il percepimento di un reddito – in assenza di una prestazione lavorativa – genera in alcuni soggetti una disaffezione all’impegno quotidiano continuativo e/o, come testimoniano alcuni casi presenti nostro Servizio, anche lo sviluppo di dipendenze che si rivelano dannose. Molte persone che hanno goduto di un ammortizzatore sociale – complice la perdita dell’autostima e i conseguenti disagi relazionali e la contestuale disponibilità di reddito – hanno infatti sviluppato proprio in quel periodo forme di alcolismo e ludopatia più o meno gravi, da cui è difficile liberarsi e il cui perpetuarsi accentua il disagio generando un circolo vizioso dal quale è complicatissimo uscire da soli.

Welfare generativo:
1.470.000 famiglie (ISTAT 2014) è in condizioni di povertà assoluta, ovvero il nucleo famigliare dispone di meno di € 700,00 mensili, per un totale di 4.102.000 persone.2.654.000 famiglie per un totale di 7.815.00 persone, è in condizione di povertà relativa, con nucleo famigliare che dispone di meno di 940,00 € mensili. Quasi 12.000.000 di persone in Italia, sono in stato di evidente precarietà economica! La sostenibilità del nostro sistema di protezione sociale è stata sino ad oggi affidata alla raccolta delle risorse economiche derivanti dalla solidarietà fiscale, dalla solidarietà tra lavoratori, dalle imposte sui consumi, dalla fiscalità generale.
Negli ultimi 30 anni, almeno, ci si è limitati, come sistema Stato, ad amministrare giuridicamente il capitale a disposizione, senza particolari innovazioni. Si è puntato sul “raccogliere e distribuire” ma non si è in alcun modo investito sul rendimento delle risorse raccolte. Le strategie per prendersi cura sono diventate sistemi assistenziali gestiti a costo, senza alcuna logica di investimento e di ritorno, non si cerca il rendimento delle risorse, non si valorizzano le capacità, non si incentivano le trasformazioni idonee a rigenerarle.
Trasformare ciascuna risorsa, gli ammortizzatori sociali, i sussidi, in lavoro a rendimento sociale, questa è la scommessa che riteniamo di avere davanti nei prossimi anni, probabilmente nei prossimi decenni. Chi è aiutato deve poter salvaguardare la propria dignità senza essere ridotto ad assistito, al contrario, vivendo responsabilmente l’aiuto facendolo diventare a sua volta aiuto per la collettività.
Limitarsi a quantificare e amministrare le risorse disponibili diventa riduttivo, oltre che dannoso, e toglie speranza. “Le risorse sono finite”, “la coperta è corta” ma spesso si nasconde che le economie sono usate male, in modo inefficiente e soprattutto lontano da principi di equità e di giustizia. Quando un diritto/dovere, diventa a pieno titolo sociale? Quando genera benefici per la persona interessata e contemporaneamente, e attraverso lei stessa, per la comunità.
Quando una risorsa non rigenera, chi ne beneficia, sottrae bene pubblico a fini individuali. Molte volte inconsapevolmente e in assoluta buona fede, ma questo è il meccanismo.
La sfida, se da un lato è “non posso aiutarti senza di te”, dall’altro è “cosa puoi fare con l’aiuto messo a tua disposizione?” Meglio ancora “come rigenerare le risorse affinchè altri, possano usufruirne quando saranno loro nel bisogno?”
Ogni aiutato che valorizza i propri talenti diventa moltiplicatore di valore. A chiunque, ai primi come agli ultimi, va riconosciuto e assegnato il diritto/dovere di contribuire ad una socialità che si rinnova. Tutti possono – e probabilmente devono -, trasformare le risorse messe loro a disposizione in lavoro a rendimento sociale; chi è aiutato deve poter riscoprire una dignità non attraverso l’elargizione spesso  spocchiosa, ma vivendo responsabilmente l’aiuto che aiuta e ritornando da protagonista il proprio contributo alla comunità.
Con il Progetto EnnEnne desideriamo innanzitutto contribuire a questi processi, desideriamo tentare di cogliere ciascuna occasione per trasformarla in crescita di sé.

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