“Dove comincia la felicità? L’uomo contemporaneo tra onnipotenza e fragilità” è il titolo dell’incontro che ha avuto come protagonista lo psicanalista Massimo Recalcati, ospite mercoledì 14 marzo di Leggermente 2018.
Di fronte agli alunni presenti presso l’Auditorium Casa dell’Economia di Lecco, Recalcati – che con il suo intervento ha inaugurato il ciclo di incontri sulla felicità che fa da filo conduttore di questa nona edizione della manifestazione promossa da Confcommercio Lecco – ha evidenziato: “Il luogo della felicità è fare quello che si desidera”. Se felicità e desiderio sono quindi inestricabilmente connessi, per comprendere la natura della felicità è necessario definire cosa sia il desiderio. Quindi si deve innanzitutto chiarire, per Recalcati, che il desiderio è radicalmente altro dal capriccio: “I capricci variano, si moltiplicano, dipendono dagli oggetti che li provocano e quindi non hanno costanza. Il capriccio è quasi una forma degradata del desiderio. Cerchiamo la felicità negli oggetti, cambiandoli continuamente – un nuovo telefonino, frigorifero o ragazzo – ma quello che troviamo è una continua insoddisfazione. Quello che succede è che quando possediamo l’oggetto del nostro capriccio, l’oggetto delude sempre”. Qual è allora l’elemento distintivo tra capriccio e desiderio? “Il desiderio non è un capriccio perché non dipende dalla fantasmagoria illusoria degli oggetti. L’aspetto essenziale del desiderio è infatti un altro: se mi discosto da lui, io sto male. La caratteristica ultima del desiderio è questa: ne va della mia stessa esistenza. La felicità della vita deriva quindi dall’essere coerenti col proprio desiderio”.
Il desiderio secondo Recalcati è qualcosa che ha a che fare col talento e la vocazione. Una possibilità di riconoscimento del proprio desiderio consiste allora “nell’incontro con un testimone di quella vocazione. È la testimonianza di un altro che accende la mia vocazione. La testimonianza può assumere forme disparate – un amico, un libro o un film – ma certamente gli insegnanti possono assumere un ruolo preminente. Gli incontri fondamentali sono quelli dove pulsa il desiderio. Primo compito degli insegnanti non è spiegare, ma accendere e trasmettere il fuoco. Se il desiderio è assimilabile alla stortura di una vite, è totalmente erroneo concepire l’educazione come mero raddrizzamento”. L’educazione dovrebbe al contrario “favorire quella stortura, amare quella deviazione. È in quella deviazione che risiedono il bene e la grazia, perciò l’educazione non deve punirla. La scuola dovrebbe essere quindi un luogo privilegiato in cui far fruttificare il talento che uno ha ricevuto”.
Rimanendo legati alla realtà scolastica, Recalcati ha infine posto l’accento sul fondamentale rapporto tra desiderio e dovere, generalmente percepiti come poli opposti. “La ripetuta forma imperativa “devi studiare” produce infatti resistenza e disaffezione per lo studio, perché l’insistenza non lascia spazio al desiderio”. È allora paradossale associare indissolubilmente il desiderio al dovere? Non secondo Recalcati: “La felicità è quando il dovere assomiglia al desiderio, quando cioè facciamo il nostro dovere perché lo desideriamo. Un esempio? Se studio perché desidero studiare, il dover studiare è un nome del desiderio, una manifestazione del desiderio. In definitiva, se il desiderio ha che fare con il dovere, non è vero che la felicità è luogo dell’arbitrio ma al contrario è luogo della massima responsabilità”.