Fra pochi giorni iniziano i saldi.
I dati delle vendite di Natale non sono ancora definitivi, anche se Carlo Sangalli della Confcommercio stima sui 158 euro la spesa media fatta dalle famiglie lombarde nel periodo natalizio.
Numeri non esaltanti ma migliori rispetto agli anni precedenti. Di certo, non riescono a cancellare i lunghi anni della crisi.
I commercianti sperano di aumentare le vendite durante il periodo dei saldi, per guardare al futuro con un po’ di speranza in più.
Puntuali come la polemica sui botti di Capodanno ogni anno arriveranno i consigli per i saldi e sul come non farsi fregare.
Un concentrato di luoghi comuni pari ai consigli in “stile tg spazzatura” sulle ondate di caldo e freddo.
Ribassi al 50%, 70% che, per la prima volta, non interesseranno alcuni punti commerciali.
Dal primo novembre, inoltre, a Lecco abbiamo assistito alla chiusura del Bennet del Centro Commerciale Le Piazze.
E’ il sintomo di un epoca che si sta avviando sul viale del tramonto. Certo per qualche anno ci saranno ancora inaugurazioni con tanto di starlette di quart’ordine e buffet tristi, ma la via è segnata.
E’ in atto un cambiamento epocale che porterà al forte ridimensionamento dei centri commerciali, lasciandoci inservibili “cattedrali” di cemento, inutili scheletri che non saranno di certo rimpiazzati da una rifioritura dei negozi di vicinato.
I piccoli negozi, con la loro storia, la capacità e professionalità dei commercianti sono un tessuto che difficilmente potrà ritornare. Rimarranno i lavoratori dei contratti precari in cassa integrazione o ricollocati in qualche morente centro commerciale.
Quello che non sono riusciti ad ottenere i vari comitati, associazioni dei commercianti, petizioni ecc. lo ha fatto la crisi ed il cambiamento sociale in atto.
La crisi di fatto ha fortemente limitato l’acquisto di beni superflui,una crisi che dura da troppo tempo e, se si vede qualche spiraglio oggi, è da imputare ad un rimbalzo che gli economisti definiscono tecnico o forse più semplicemente siamo giunti alla fine di una corsa verso il baratro, ma la risalita non ci sarà di certo . La crisi è solo una delle cause della crisi dei centri commerciali.
L’e-commerce sta rapidamente guadagnando sempre di più fette di mercato. Un fenomeno poco conosciuto che si snoda fra i vari IP dei consumatori.
Il Natale 2015 ha visto un forte incremento dello shopping online. Nel 2014 erano 7,4 milioni gli italiani che sceglievano di acquistare su internet almeno un regalo, secondo le stime del consorzio di commercio elettronico i Netcom, quest’anno la cifra ha segnato un +22%, ed i connazionali che hanno scelto di comprare attraverso il proprio PC sono stati 9 milioni. Sopratutto abbigliamento ed accessori e, forse, lo storico negozio Eletta di via Dante ha chiuso i battenti anche a causa della concorrenza su internet.
L’aumento della digitalizzazione degli italiani, la possibilità di visionare le migliori offerte senza rimbalzare come un a pallina da flipper fra un centro commerciale e l’altro sta facendo propendere i consumatori verso questa nuova forma di acquisto.
Ma al di là di queste considerazioni di cui sopra il vero cambiamento in atto è quello sociale.
I centri commerciali erano le chiese, i templi di quella che un tempo si chiamava la borghesia, il ceto medio che scorrazzava fra le vetrine nella effimera illusione di sentirsi arrivato. Il centro commerciale era interclassista per definizione e metteva nella stessa galleria imprenditori e piccoli artigiani, grandi dirigenti ed umili operai. Una effimera illusione diventata realtà accessibile e a portata di tutti. Un unico luogo dove poter fare tutto: la spesa, comprarsi le scarpe o la borsa all’ ultima moda, prendere un aperitivo, incontrare gli amici,e fare nuove conoscenze. Il tutto sotto uno sfavillante soffitto di luci artificiali senza essere alla mercè delle bizze del tempo. Un non luogo staccato dal resto dal contesto sociale, un luogo artificiale privo di identità fatto di luci colorate dove poter socializzare e comprare allo stesso tempo. Oggi anche la socializzazione come l’acquisto passano da internet.
Il ceto medio è quasi scomparso ed il divario fra chi ha un reddito alto ed uno medio sta aumentando sempre di più. Pertanto i ricchi preferiscono frequentare negozi alla moda, alte sartorie e boutique ed il ceto medio è costretto a ritornare ad acquistare al mercato o nei vari store dei cinesi , non di certo nei negozi delle vie cittadine. L’affannosa corsa a cercare un posto nei parcheggi delle “cattedrali” del futile è un lontano ricordo, le rotonde bloccate dal traffico di chi usciva dai centri commerciali sono polemiche antiche. Le gallerie commerciali rimangono desolatamente vuote, piene di sfaccendati con lo sguardo sul proprio Iphone.
E’ la crisi… o forse il cambiamento.